Il fumo del silenzio

Il silenzio può avere tante sfumature.
Può essere degli innocenti o dei colpevoli, dei forti o dei pavidi, irato o divertito, oppure perché non si ha nulla dire. Può essere tutto. È malleabile come l’oro, perché va bene in tutte le occasioni ed è prezioso: chi non parla, non dice nulla. Gli puoi attribuire qualunque idea che ti faccia comodo, ma non sai mai se è quella giusta.
La politica, purtroppo, almeno da noi, è gridata. Non è neppure importante ciò che si dice. È importante, invece, esternarla, gridarla, sbatterla sui media, purché abbia un eco. È strano, più la gridano, meno si sente. Fa eccezione il Vaticano, dove, invece, è sussurrata. Ma il Vaticano dovrebbe essere il regno dello spirito.
In Italia, l’esternazione è la regina della politica. L’opposizione ne fa uso ed abuso a piacer suo. Esternano tanto che manco si sentono.
L’accusa più frequente alla Meloni è di tacere. In questi anni di governo della Destra, fascista, neofascista, post fascista, reazionaria e illiberale, come viene descritta dall’opposizione, abbiamo capito che la Meloni, giunta alle soglie di una responsabilità governativa, non ama le conferenze stampa, per evitare domande sgradevoli. Non ama manifestarsi se non con tweet o veloci e sibillini messaggi. Non ama il confronto, insomma.
La sua evoluzione, dai toni infuocati che usava quando era all’opposizione, è evidente.
Soprattutto tace là dove gli argomenti sono più scottanti. Considerata la complessa situazione internazionale esistente, dove tutto è possibile e il contrario di tutto nel corso di una sola giornata, questo silenzio cauto è logico ma pesante. Chi governa deve dare un indirizzo ai fedeli e agli elettori. Tacere è comodo ma inopportuno.
La questione di Gaza grida vendetta. Non una parola di dissenso esce dalle bocche dei suoi alleati europei e, tanto meno dalla sua. La cappa americana, così sventolata dalle erratiche decisioni di Trump, impedisce qualunque presa di posizione politica. All’Europa, all’Italia, ciò che sta accadendo in Medioriente sembra che non interessi. Questa è una grande vergogna, analoga al silenzio dei Paesi civili durante l’Olocausto. Quei ventisette inutili eserciti europei non potrebbero fare da scorta alle carovane di medicinali e di viveri ferme per volontà israeliana?
Se non è genocidio e complicità nel genocidio, che altro è? Possibile che l’ossequio al grande, finora, alleato americano sia così forte da impedire che un qualcuno qualunque, anche un Macron, il più bizzarro, prenda una posizione?
Il nuovo Papa dovrebbe presentarsi a Gaza per far capire che l’umanità non è morta. Forse, ammazzerebbero anche lui.
E volete che la prenda la Meloni? Sarebbe ingenuo pretenderlo. Siamo così sdraiati sulla politica statunitense che non è neppure pensabile. Netanyahu è un corridore a briglia sciolta, almeno finché glielo consente Trump. Prendiamone atto. Le sue mani grondano di sangue spesso innocente. Adesso dirige la sua attenzione sullo Yemen. È insaziabile. Ma va bene così fino a nuovo ordine. È triste, ma tale è situazione.
Parliamo dell’Ucraina. Qui, di errori, se ne sono fatti tanti. Un Paese invaso e una guerra senza fine, da tre anni. Una situazione di tipo palestinese.
L’Europa sostiene Zelenski, l’Italia sostiene la lotta ucraina, l’Ucraina resiste, ma chi fa i giochi, quelli veri, sta altrove. Due giorni prima di un presunto incontro per cercare un’ombra di tregua, a Istambul, l’Europa lancia il 17°programma di sanzioni contro la Russia. Una sciocchezza improvvida.
L’incontro fallirà perché si tratta di posizioni inconciliabili con il diritto internazionale e con il buon senso. Non ci sarà Putin, non ci sarà Zelenski e tanto meno Trump. Un tavolo di negoziati fra controfigure. Auspicare un risultato è bene, crederci è follia. Cosa dovrebbe dire la Meloni?
Non può essere la sostenitrice di una guerra a oltranza. Non può neppure distaccarsi dall’insieme dei suoi alleati europei per assumere una posizione, ad esempio, alla Fico (Slovacchia) od all’Orbàn (Ungheria). Sarebbe un terremoto, in Europa. L’Italia fa parte del gruppo dei cosiddetti volenterosi (Francia, Germania, Inghilterra), ma in sottordine. Sta con loro, ma non troppo. Cosa hanno fatto i volenterosi? Nulla.
L’Europa è impotente, figurarsi il nostro Paese.
Allora, il silenzio della Meloni è l’unica possibilità per sopravvivere senza altri guai in politica estera. La Meloni resta arroccata su due punti fondamentali: i suoi rapporti personali con Trump e l’alleanza atlantica.
Che i suoi rapporti con Trump possano essere determinanti è tutto da vedere. L’idea di essere considerata il tramite fra l’Europa e l’America è tramontata da un pezzo. Resta una simpatia personale e, forse, un’affinità politica, di destra lei e di destra lui, ma non credo che possa dare altri frutti. Lo vedremo con le tariffe doganali se penalizzeranno i prodotti italiani, ma non c’è da farsi illusioni.
Quanto all’alleanza atlantica, forse, alla fine di tutto questo bailamme, la NATO potrà essere un punto di congiunzione con Washington. Dovrà passare molta acqua sotto ai ponti prima che ciò possa avvenire. Prima di tutto, bisogna pagare per essere membri del club e, almeno in questo, Trump ha ragione.
Poi, se Trump insiste per avere il Canada nel suo Impero, che succede? Il Canada è un membro della NATO. Se la Groenlandia rifiuta di essere americana e la Danimarca non accetta il prezzo che forse Trump vorrebbe pagare? Altro problema.
Troppe sono le incognite perché la vagheggiata dalla Meloni alleanza euro-atlantica possa configurarsi come un nuovo elemento di stabilità per le due aree interessate.
A questo punto, le bordate della Schlein, i veleni di un Conte, le esternazioni inutili di un Salvini sono il minimo da sopportare.
Siamo irrilevanti, è vero, come tutta l’Europa. Se a palazzo Chigi ci fossero una Schlein o un Conte, sarebbe lo stesso.
Alla prossima conferenza stampa la Meloni dirà cose ovvie. Non può fare diversamente. Non si vedono, ma ha le catene ai piedi. Non può volare, come sperava. Il tempo delle illusioni è finito.
(di Stelio W. Venceslai)